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lunedì 21 novembre 2011

La bici è pericolosa!!!

Fin da piccola ho sempre avuto la fortuna di non dover prendere mezzi pubblici per recarmi ai luoghi di studio o lavoro: alle elementari e medie mamma accompagnava me e mio fratello in macchina, e poi proseguiva per il suo ufficio, mentre nel pomeriggio ci recuperava il nonno (il marito della Regina Madre, ve ne parlerò) e ci portava a casa sua, esattamente di fronte alla scuola.
Poi mamma passava a riprenderci e tornavamo a casa in macchina.
Poi sono arrivate le superiori, e lì andavo a piedi.
In 15 minuti.
Poi ci sono stati gli anni dell’università, i migliori per quanto mi riguarda, e ho iniziato a muovermi in bici, oppure in caso di maltempo, a piedi. Sporadicamente in metropolitana. Ma proprio sporadicamente.

La scuola di specializzazione era attaccata all’università, quindi stesso discorso.
Se proprio ero in ritardo prendevo l’autobus, ma proprio eccezionalmente, e comunque mai in orari di punta.

Poi ho iniziato a lavorare. Il mio primo lavoro è stato fuori Milano, in una zona industriale, postaccio depressissimo e irraggiungibile altrimenti che in macchina. Ma ero già automunita e dunque mi spostavo così… Tra l’altro sempre in controtendenza con il grosso del traffico, che al mattino è in entrata in città e di sera in uscita.
Poi sono passata nel posto che ho lasciato ad ottobre, di nuovo in città. Ci andavo o con la cara vecchia bici, oppure in macchina. Niente mezzi pubblici.

Infine sono approdata in Forrester. In pieno centro, un posto dove è assolutamente impossibile ed impensabile parcheggiare, per arrivarci sicuro prendi mille multe al minuto, tra zone a traffico limitato ed ecopass vari, e che è un po’ più lontano da casa del posto precedente, e tra quello e il freddo non mi sono ancora azzardata a tentare la bici. Quindi l’unica via sono i mezzi pubblici.
Argh.
Stavolta mi tocca.

Non solo, non mi basta nemmeno un unico mezzo, ma devo effettuare almeno un cambio: o due metro (se Lordbug mi accompagna alla fermata) oppure un tram e una metro… Per un totale di circa 45 minuti di viaggio.
Visti gli aumenti dei biglietti, appena ho firmato il contratto mi sono fiondata a fare l’abbonamento annuale all’ATM point sotto piazza Duomo.
C’era la coda praticamente fino in superficie.
Alle 11 del mattino.
Ho desistito, me ne sono tornata a casa, e ho fatto tutto online. Pagamento con carta di credito, e la tessera mi è stata recapitata a casa nel giro di 10 giorni. Stupefatta dall’efficienza del servizio.

Arriva il primo giorno di lavoro, vado a prendere il tram. Una scatola di sardine è un posto più profumato, meglio frequentato, e molto più spazioso. Mi pigio a bordo. Mi faccio strada verso l’obliteratrice e mi incaglio tra lo zaino di un bambino e la prominente panza di una signora.
Nel giro di 10 minuti mi suona il telefono: mamma vuol sapere come va.
“Eh mamma, son qui schiacciata come una sardina… Devo inventarmi un mezzo alternativo per arrivare in ufficio, non ce la posso fare. Proverò a rispolverare la bici!”
Mamma non fa in tempo a rispondermi che la signora con la panza prominente interviene: “Eh ma la bicicletta è pericolosa!”
“Grazie signora. Lo so.”
Mamma: “ma con chi parli?”
“No, niente…”

Giustamente le sardine non solo si fanno gli affaracci delle altre sardine presenti (che voglio dire, lo faccio anche io), ma intervengono pure. Una sorta di telefonata di gruppo.
Stessa scena la sera al ritorno: al telefono Lordbug. “Eh, son qui schiacciata come una sardina… Non so, magari proverò a rispolverare la bici!”
Signora accanto a me: “EEEEh, ma Milano non è una città adatta per i ciclisti… E’ pericoloso!”.
Sì.

E comunque c’è della gente strana. Stamattina altro giro, altro tram stracolmo. Ad un certo punto miracolosamente si liberano due posti a sedere. Lì accanto una ragazza stracarica, con borsa, borsone del pc, sciarpa, cappello, guanti e libro, che tenta di leggere con una mano mentre con l’altra si aggrappa per non cadere. La logica vorrebbe che fosse lei a precipitarsi ad occupare il posto vuoto. Invece no. Sta lì, guarda il sedile libero, si volta dall’altra parte e si rimette a leggere. Un ragazzo vicino a lei le fa segno perché vuole raggiungere uno dei due posti. Lei si comprime sul corrimano per farlo passare e rimane in piedi accanto al sedile vuoto riprendendo la lettura. Ora qualcuno deve spiegarmi perché.

Ps. Invece per il trasbordo con dramma sentimentale di ieri vi rimando al blog di Regina delle Nevi, che altrimenti la faccio troppo lunga!

7 commenti:

  1. Ti capisco, io è da quando vado all'asilo che uso i mezzi pubblici, ma posso assicurarti che quelli della city sonno 100'000 volte meglio di quelli della provincia!!!

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  2. Ah ah, che ridere! Mi ricorda gli anni dell'università che per raggiungere Padova ci si pigiava nei trenini regionali che in confronto la tratta degli schiavi erano delle crociere all inclusive.

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  3. Guarda, allo schifo di Roma, ti posso assicurare non arriva nessuno! Oggi a parte aspettare una metro all'ora di punta 6 minuti, ho rischiato anche di svenire, ovviamente in piedi, perchè non riuscivo nemmeno ad allargare la cassa toracica per fare un respiro completo tanto la calca delle gente, per la puzza di Aglio e di sporco che c'era!!!! grrrrrrrrrrrrrr!!! li odio!

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  4. La ragazza ha lasciato libero il posto perchè era perfettamente bilanciata con le sue mille borse.
    Sapeva che un minimo spostamento del baricentro l'avrebbe fatta capottar!
    Parlo per esperienza!
    (anche se vado a lavorare in macchina dove passo io l'unico mezzo che passa è l'aereo) (esattamente sopra le nostre teste)

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  5. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  6. Concordo con Eleanor: se trovi la posizione ideale e mantieni l'equilibrio, non c'è posto che tenga! Da lì non ci si muove! Rischi i polsi e le caviglie.
    E comunque auguro agli autisti dell'ATM di fare un viaggio sui bus guidati e frenati da loro stessi, magari si rendono conto di come frenano...

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